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scritto da Franco Bomprezzi
E’ stata una operazione nostalgia di grande efficacia, e non a caso nei social network è stato un tripudio di apprezzamenti, anche ironici, per il vecchio Pizzul. Per me, a due giorni dal compimento dei 60 anni, è stato un ulteriore ritorno alla giovinezza, ma per tanti giovani interisti la voce di Pizzul ha rappresentato addirittura un tuffo nell’infanzia o nell’adolescenza, il ricordo delle prime partite dell’Inter, in quella coppa Uefa vinta a Parigi, tanto tempo fa.
Ma c’è sicuramente una riflessione tecnica da fare, che riguarda l’oggi, il modo indecente con il quale spesso vengono realizzate le telecronache faziose dei principali competitor televisivi, più o meno a pagamento. Lo spessore tecnico, la padronanza del fraseggio, l’essenzialità del commento, la qualità delle osservazioni sui singoli e sulle fasi di gioco, le notazioni di colore sugli spalti e sul tifo entusiasta dei nostri avversari, persino il timbro potente e chiaro della voce, sono stati una lezione impressionante. Lo stesso divario tecnico che ieri sera separava l’Inter dall’Hajduk si materializzava anche nella telecronaca, impietosa sintesi di uno dei nostri malesseri oscuri, quella sensazione di essere sempre “figli di un dio minore”, costretti a cambiare audio e cercare il conforto della voce di Roberto Scarpini (sicuramente di parte, ma capace sempre di mettere in luce anche i difetti, gli errori dei nostri, il valore degli avversari), perché altrimenti l’ansia di un commento affidato a telecronisti ostili e a ex calciatori con il dente avvelenato (ma perché?) rende preferibile azzerare l’audio e ascoltare solo il rumore di fondo dello stadio.
Ieri sera, caro Pizzul, ci hai regalato un sogno. Una perla di buon auspicio, per una stagione che è iniziata nel migliore dei modi. Ma questa è un’altra storia…
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